La storia dei Pompieri Civici di Trieste (1838), professionisti del fuoco - TRIESTE.news

2022-08-13 06:51:04 By : Mr. Marc Liang

23.07.2022 – 07.01 – Non vi sono a Trieste le storie dei rovinosi incendi che afflissero le grandi città europee: nessun Nerone che guardi Roma bruciare, nessun grande incendio sul modello del rogo di Londra (1666) o del raid della Luftwaffe sulla capitale londinese (1940). La ragione è semplice: Trieste non fu mai una città di grandi dimensioni durante il Medioevo e/o l’età moderna; quando compì il balzo a città-porto di dignitose dimensioni lo fece nell’ottocento, con pietra e ferro. Questo ovviamente non detrae dal ricordo dei tanti, distruttivi, incendi tra ‘700 e ‘800. Pietro Kandler ricordava nel 1861 quando, in passato, il campanile di San Giusto prese fuoco a causa di un fulmine; così come il tetto della Chiesa della Madonna del Mare e diversi Palazzi Comunali negli anni. La minaccia dei temporali risultò particolarmente devastante quando un lampo colpì il deposito della polvere da sparo del Castello, causando un’esplosione che rovesciò “una pioggia di sassi” sopra Trieste. Mentre rimane tutt’oggi incerta la causa dell’incendio della fregata Danae, ancorata al Molo San Carlo, che saltò in aria massacrando tutto il suo equipaggio. Spostandosi agli anni tra fine ottocento e primi del novecento, i teatri popolari o meno rimasero i più pericolosi ricettacoli di incendio; a partire dal Teatro Mauroner, “La Giazzera”, proseguendo con il Filodrammatico di Via degli Artisti, giungendo al Teatro Corti, degradato a garage e infine distrutto nel 1929. Gli incendi che si susseguirono tra la Prima Guerra Mondiale e gli anni Venti, con la distruzione ad esempio della Ginnastica Triestina, della sede de Il Piccolo o al lato opposto dello spettro ideologico dell’Hotel Balkan, testimoniano invece un uso politico del fuoco in relazione a cui l’intervento o meno dei pompieri conferma a sua volta una posizione “partitica” (i buoni o i cattivi pompieri, a seconda di quale giornale o nazione commenti la notizia…).

Senza dubbio però, come annota Kandler, l’assenza di grandi incendi a Trieste rimane legata all’uso di materiali ignifughi, a partire dalla pietra da muro (laperae o lavre nel dialetto) utilizzata anche per la copertura dei tetti delle case; al divieto delle coperture di paglia e di scandole. Per quanto invece concerne i primi pompieri triestini e le prime ordinanze anti incendi occorre aspettare fino al novembre 1754, quando l’Imperatrice Maria Teresa emanò una prima ordinanza firmata dall’Intendenza, con a capo il Conte Nicolas de Hamilton. Come osservava Pietro Kandler, si trattava di “minuziose prescrizioni” più nell’ambito della “polizia edile” che degli incendi; si fissavano i criteri costruttivi per gli edifici che rischiavano di sprigionare un incendio, a partire dai magazzini del porto, ai laboratori, le rivendite di materiali infiammabili e così via. Inoltre comparivano le prime disposizioni per segnalare l’incendio e coinvolgere i cittadini stessi nello spegnimento. L’ordinanza teresiana rappresentò poi il modello fino all’Ottocento inoltrato, giacché il Comune si limitò ad aggiornarla e a modificarla a seconda delle necessità; dapprima sotto Giuseppe II nel 1782 e aggiungendovi poi, nell’epoca delle guerre napoleoniche (1793), le istruzioni per contenere le scintille dei bombardamenti navali. In questo contesto il primo corpo dei pompieri risale a un decreto del 5 marzo 1817; si trattava di volontari che più che spegnere l’incendio si preoccupavano di evitare che si propagasse agli edifici circostanti, demolendo muri e tetto. Insomma, si può ben dire che quanto non distruggeva il fuoco, distruggevano i pompieri dell’epoca; lo stesso Kandler scrive di “ciurmaglia cacciata a colpi all’incendio” e di come la preoccupazione maggiore fosse di individuare un colpevole per il rogo, anziché di limitarne i danni. Era, beninteso, colpa dei triestini, perché la proposta dei privati di un “corpo esercitato e disciplinato” che funzionasse in maniera efficace e moderna era ritenuta “una creazione straniera”; meglio proseguire con le vecchie maniere, a furia di scampanio di campane di chiesa per dare l’allarme e colpi di cannone per segnalare la posizione delle fiamme.

Una svolta intesa in senso moderno avvenne grazie alle società di assicurazioni. Specificatamente fu il grande Karl Ludwig von Bruck, all’epoca “direttore di Camera di Assicurazione”, ancora lontano dal diventare “Ministro di Sua Maestà”, a proporre un contratto tra Comune e “Camera di Sicurtà” onde creare un “corpo di artieri” per “l’estinzione degli incendi” imitando “gli antichi”. Era il 18 giugno 1838. “Fu allora formato un corpo di vigili che ebbe nome di Pompieri Civici, con un Ispettore Comandante, un Sott’Ispettore, un Cancelliere, Quattro Capi Pompieri, tre sotto Capi Pompieri, quattro Capi posto e 72 gregari” scrive Kandler, che ne ricorda la sontuosa uniforme, indossata quale guardia d’onore del Comune durante le parate. Si componeva di uniforme blu, nappa, insegne della città ed elmo crestato. Il regolamento che stabiliva comportamento e limiti d’azione dei 76 Pompieri Civici prevedeva anche un’Istruzione “pel maneggio delle macchine” con cui spegnere le fiamme. Particolare curioso: il corpo dei Pompieri disponeva anche di “un Corpo ausiliare di facchini e bottai”, anch’essi con un loro regolamento. In effetti il Kandler ricorda che, sempre nel 1838, era stato formalizzato il Regolamento per il “Corpo degli spazzacamini” che risaliva al 1754, essendo compreso nel Regolamento contro gli incendi. Gli spazzacamini portavano l’insegna imperiale e agivano nei rioni della città; sebbene non detenessero il monopolio della pulizia dei camini, erano fieri del proprio lavoro, al punto da considerarlo “esercizio privilegiato di mestiere”. Le basi dei Pompieri erano state gettate già in precedenza, come ricordato precedentemente; più nello specifico con il decreto n. 3878 (5 marzo 1817); ma si può ben dire che furono i Pompieri Civici a rappresentare il primo esempio a Trieste di un vigile del fuoco moderno e “professionale”.

Fonti: L’articolo era stato originariamente pubblicato il 09.01.2021 – 08.30. Questa è una ripubblicazione, alla luce dei rovinosi incendi dei gironi odierni, dove allora come adesso i “professionisti del fuoco” appaiono in prima linea.

Ulteriori approfondimenti: Zeno Saracino, La storia dei pompieri di Trieste, dal 1817 alla modernità, Trieste All News, 23 marzo 2019

Pietro Kandler: i regolamenti sugli incendi nella Trieste dell’800 in La Bora, Anno III, n. 7, Settembre 1979 Trieste Romantica. Itinerari sentimentali d’altri tempi, Trieste, Edizioni Italo Svevo, 1972

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