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2022-09-10 04:36:47 By : Ms. Bernice Lau

L'80% di tutti i prodotti derivati dai rifiuti inerti provenienti dal settore dell'edilizia rischia di non essere più utilizzabile dal 2023. L'Anpar, l'Associazione italiana dei produttori di aggregati riciclati, lancia l'allarme: "delle 40 milioni di tonnellate trasformate oggi, 32 milioni non sarebbero conformi al nuovo decreto End of Waste, che regola l'utilizzo dei materiali inerti, e andrebbero smaltite in discarica. Solo 8 milioni di tonnellate rimarrebbero nel circuito dell'economia circolare".

Il settore edile è il più grande produttore di rifiuti nell'Unione Europea (870 milioni di tonnellate nel 2017) e nei Paesi industrializzati rappresenta il 30%-40% della produzione totale di rifiuti. In Italia, ogni anno, si producono 68 milioni di tonnellate di inerti, che vengono recuperati per il 78% e, in gran parte, riutilizzati nelle costruzioni di infrastrutture (sottofondi di strade e piazzali) o per calcestruzzi a bassa resistenza. Anpar sostiene, addirittura, che il potenziale di riciclaggio di questi rifiuti può essere superiore al 90%. 

Gli esempi virtuosi sono molti. A Roma, per il riempimento degli scavi realizzati per le reti dei sottoservizi, la parte inerte naturale è stata sostituita da inerti di recupero: mezzo milione di tonnellate ogni anno. Altri esempi a Torino, a Milano per l'infrastrutturazione dell'Expo, in alcuni lavori autostradali, per le piattaforme logistiche di Amazon o il data center di Aruba. Gli aggregati possono essere usati sia come prodotto finito, ad esempio nelle massicciate ferroviarie o nelle opere di protezione, sia come materiale grezzo per la manifattura di altri prodotti importanti per il settore delle costruzioni, come il calcestruzzo, i prodotti prefabbricati, l'asfalto (composto al 90% da aggregati), la calce e il cemento.

Ma tutto questo può finire da un momento all'altro, per un eccesso di burocrazia. "I rifiuti inerti sono tanti", spiega Paolo Barberi, presidente dell'Anpar, "e chi redige le norme spesso non conosce la materia. Una cinquantina di codici identificano i materiali e la loro provenienza e la regola End of Waste avrebbe dovuto comprenderli tutti, ma ministero dell'Ambiente e Ispra ne hanno considerati solo 18". In più: "sono stati imposti limiti e verifiche in contraddizione con precedenti decreti".

Nonostante tutto, la ricerca e le sperimentazioni proseguono per massimizzare l'utilizzo di inerti di recupero. Alcuni produttori di cemento stanno tentando di sostituire una percentuale dei minerali utilizzati per la produzione di farina cruda con materiali riciclati. Si aprirebbe così un nuovo mercato, oltre a ridurre sensibilmente le emissioni di CO2 nel processo di carbonatazione. Altri usi sono stati già industrializzati: elementi prefabbricati per arredo urbano, come panchine, cigli dei marciapiedi e pavimentazioni stradali, costituiscono realtà consolidate. Altre aziende lavorano alacremente in mercati di nicchia: vecchie tegole e mattoni macinati vengono utilizzati per realizzare campi da tennis o per produrre l'antichissimo cocciopesto. "La norma tecnica non deve limitare nessuna applicazione - conclude Barberi - perché occorre massimizzare il recupero di materia dai rifiuti, nel rispetto delle regole ambientali, sociali, economiche".

Una nota di speranza: nei primi giorni di agosto si è aperto un nuovo confronto tra gli industriali del settore e il ministero della Transizione ecologica, che ha dichiarato la disponibilità ad apportare le necessarie modifiche al decreto e salvare così un pezzo importante dell'economia circolare del Paese. Anpar chiede l'apertura di un tavolo a settembre, per superare definitivamente e in tempi rapidi le criticità segnalate.