Il viaggio di Autunno in Barbagia: scopriamo Tiana| Cagliari - Vistanet

2022-08-20 04:09:43 By : Ms. Rebecca Xue

Anche per il prossimo fine settimana si rinnova l’appuntamento alla scoperta del cuore della Sardegna e il viaggio di Autunno in Barbagia si appresta a raggiungere le sue prossime destinazioni. Dopo aver ammirato le bellezze di Desulo e aver danzato al ritmo di Mamuthones e Issohadores a Mamoiada, le ricchezze dell’entroterra barbaricino faranno bella mostra di se nelle “cortes” di Nuoro e Tiana. Entrambe magnifiche, le protagoniste di questo appuntamento presentano peculiarità proprie, e oggi, in questo viaggio tra i paesi della Barbagia, vogliamo recarci in quella terra dove la vita è semplice e genuina e l’aria è così salubre che regala un’esistenza sana e longeva: scopriamo Tiana, terra di centenari e capitale sarda dell’orbace.

Tiana, il borgo immerso nel verde – Fonte www.flaniereninsardegna.com

Comune di montagna, Tiana è un piccolo borgo agro-pastorale che si incontra nella Barbagia di Ollolai. Incastonato tra le ultimi propaggini occidentali del Gennargentu, questo paesino di poco più di cinquecento abitanti si erge a circa 600 metri di altitudine, ai piedi del monte Orovole, in una fertilissima valle lambita dal torrente Tino, che qui si incontra con il rio Torrei, formando una particolarissima “T” rovesciata. Al riparo dai venti, protetta dalla ruvida corazza della montagna, a Tiana la natura è incontaminata e magnifica si apre alla vista con scorci serafici: qui è l’acqua, che scorre abbondante, a nutrire e plasmare i paesaggi incantati, regalando alla valle una lussureggiante vegetazione, dove alle immense distese di orti e frutteti, si alternano fittissimi boschi di lecci, castagni, sughere e roverelle, e numerosi arbusti tipici della macchia mediterranea. Sorgenti e torrenti cullano l’abitato che si presenta incantevole, specie nel suo centro storico: le strette viuzze circondano le antiche casette di pietra a più piani con i tipici “corzos”, opera dei “maistos de muru”, dei passaggi ad arco che collegano le dimore dal un lato all’altro della strada. A Tiana sopravvivono antiche tradizioni, produzioni tipiche, e gli abitanti condividono un forte senso di comunità: qui la vita è semplice e genuina e, soprattutto, devota al lento mutare del tempo. Proprio queste caratteristiche sarebbero la ricetta per l’esistenza longeva, sana e serena della comunità tianese: il paese, infatti, è noto per aver dato i natali a numerosi centenari, tra cui Antonio Todde che, nel 2001, con i suoi 112 anni entrò nel guinnes dei primati come l’uomo più vecchio del mondo. Questo borgo barbaricino, però, è famoso anche per essere la capitale isolana dell’orbace, quel particolare tessuto di lana impiegato per il confezionamento degli abiti tradizionali, la cui lavorazione ha rappresentato un’importante risorsa economica del paesino, sino al recente passato. Tra il XVIII secolo e la prima metà del XX, le sponde dei fiumi circostanti erano tutto un brulicare di attività: decine di mulini e di gualchiere (in sardo “Cracchiera”) si azionavano sfruttando la forza dell’acqua, per macinare il grano e per follare la lana di pecora o capra. Quest’ultima attività, praticata all’interno della gualchiera, rendeva la stoffa impermeabile e resistente: la lana, immersa nell’acqua calda, veniva battuta da grossi magli mossi da una ruota azionata dalla corrente del rio Torrei. A Tiana, inoltre, si respira una forte devozione religiosa, ben separata, però, dalle antiche usanze pagane che qui ancora resistono, nonostante siano ormai quasi del tutto scomparse nell’Isola, eccezion fatta per la vicina Ovodda: qui si festeggia “Su Merculis de Lessiu”, il carnevale celebrato rigorosamente nel primo giorno di quaresima, ossia nel mercoledì delle ceneri, per rimarcarne il carattere profano. Durante “Su Coli Coli” – così è chiamato il carnevale tianese – i dispettosi Intintos, maschere dal viso coperto di carbone, scorazzano per le vie del paese imbrattando chiunque si ponga sul loro cammino – e che si trasforma a sua volta in “Intintu” – e trasportando un fantoccio che viene, poi, bruciato al calar della sera.

Tiana, veduta del paese – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Tiana, abitazione nel centro storico – Fonte Comune di Tiana

Tiana, angolo caratteristico del paese – Fonte Comune di Tiana

BREVI CENNI STORICI. Da sempre terra di confine e di scambio tra culture differenti, Tiana ha una storia antichissima, in cui popoli e civiltà hanno condiviso saperi e tradizioni tramandati nei secoli. Nella preistoria era l’antico popolo dei Sardi a regnare solitario sul territorio. Tracce di quella vita giungono a noi per il tramite dei numerosi siti archeologici presenti nell’area: al Neolitico risale l’importante necropoli di Mancosu, mentre appartengono all’età del Bronzo gli antichi resti di villaggi nuragici ritrovati nelle località di “Sa Pira Era”, “Sa Tanca de su Pranu” e “S’Ischisorgiu”. Durante l’epoca romana, Tiana faceva parte della “Barbària”, quei territori non colonizzati e dominati dai Barbaricini che vivevano comunque a contatto con i conquistatori: le impronte del passaggio dei Romani si rilevano nelle località di “Santu Leo” e in quella di “Tudulu”, che conserva i resti di un’antica fornace usata per la cottura di tegole e mattoni. Le prime notizie sull’abitato risalgono, invece, al Medioevo, quando la villa di Tiana compare per la prima volta in documenti scritti ed era inclusa nella diocesi di Santa Giusta, nel Giudicato di Arborea. Durante la guerra con la Corona d’Aragona, anche i tianesi parteciparono alle numerose battaglie di quegli anni: nel 1912, sempre nei pressi di “Santu Leo” fu rinvenuta una tomba di un cavaliere medievale (probabilmente militare dell’esercito aragonese), al cui interno si conservavano un cinturone e una spada, poi donati al museo Archeologico di Cagliari. In seguito alla definitiva vittoria dei conquistatori, il villaggio di Tiana fu sottomesso al controllo di varie dinastie feudali, un dominio esterno che proseguì anche con il passaggio della Sardegna ai Savoia e che terminò nel 1838, con il riscatto del feudo. Proprio in quel periodo nel paese si avviò l’importante attività della lavorazione della lana e della produzione dell’orbace, elemento che lo rese famoso in tutta l’Isola.

Tiana, abitazione centro storico – Fonte www.sardegnaturismo.it

Tiana, targa in onore di Antonio Todde – Fonte Comune di Tiana

Tiana, abiti tradizionali – Fonte www.folcloresardo.altervista.org

COSA VEDERE. Tra storia, natura e il fascino di antiche tradizioni, questo paesino offre variegate attrazioni. Per conoscere da vicino il remoto passato tianese, tappa obbligata è la già citata necropoli di Mancosu, un complesso di ben 7 sepolture scavate nella roccia granitica che qui sono denominate “forreddos de janas”, per la particolare forma dell’apertura che ricorda il forno per la cottura del pane. Regina assoluta delle attrazioni locali è, però, la magnifica archeologia industriale legata alla lavorazione dell’orbace, racchiusa in località Gusagu, e protagonista del suggestivo museo chiamato “Le vie dell’acqua”: un viaggio tra gli antichi macchinari industriali dell’epoca, un mulino ben conservato, utilizzato per la macinazione del grano, e “Sa Cracchera de tziu Bellu”, ultima gualchiera attiva nell’Isola e tra le poche in Europa. A Tiana non manca, inoltre, il fascino dei luoghi di culto, come quello della parrocchiale dedicata a Sant’Elena che svetta nell’abitato, in posizione sopraelevata rispetto al centro: l’edificio, costruito nel Seicento in stile tardogotico, ha subito numerosi interventi e al suo interno conserva magnifici archi gotici. Merita, infine, la chiesetta campestre intitolata a San Leone Magno: ricostruita in forme contemporanee sui resti della precedente, ospita al suo interno una statua del Santo che viene portata in processione a settembre, seguita da un lungo corteo di abiti tradizionali, in occasione delle celebrazioni in suo onore.

Tiana, gualchiera – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Tiana, gualchiera – Fonte www.sardegnaturismo.it

Tiana, mulino – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Tiana, museo Le vie dell’acqua – Fonte www.tianaturismo.info

Tiana, chiesa di Sant’Elena – Fonte wikimapia.org

Tiana, chiesetta campestre San Leone Magno – Foto web

NATURA. Scoprire Tiana significa anche carpire il segreto della longevità dei suoi abitanti, che hanno il privilegio di godere di una natura incontaminata. Il paesaggio, cinto dal rio Torrei e dal torrente Tino, si alterna tra valli e rilievi montuosi, dove orti e frutteti lasciano poi spazio al fittissimo verde di boschi e foreste, che ricoprono circa l’85 per cento del territorio comunale, uno dei più boscosi dell’Isola: tra i boschi che lambiscono l’abitato, suggestivi sono quelli di Orovole e di “Sa Costa ’e Sili”. Gli incantevoli sentieri che attraversano le selve, un tempo antiche vie della transumanza, conducono alle dorsali montuose più alte dell’area, dove sgorgano fresche e abbondanti sorgenti: nel cammino non è raro incontrare donnole, cinghiali, martore, volpi e numerose specie di uccelli. Vicino all’abitato svetta la cresta rocciosa di “Su Cheddarzu”, una salita di circa 873 metri d’altitudine che regala una visione mozzafiato, sulla cui cima, aggrappato al granito, s’innalza un maestoso leccio. Tra gli altri siti naturalistici da non perdere si ricordano, infine, le rigogliose pendici del monte Mungianeddu e la lussureggiante vallata di “Bau ’e Fonne”.

Tiana, natura circostante – Fonte Comune di Tiana

Tiana, vigneto- Fonte www.sardegnaturismo.it

Tiana, intorno all’area della gualchiera – Fonte www.ilmondocapovolto.it

Tiana, la forza dell’acqua – Fonte www.flaniereninsardegna.com

CUCINA E ARTIGIANATO. A Tiana i sapori e i profumi della tavola sono l’essenza della sua antichissima tradizione agro-pastorale. Questo paesino, infatti, è un richiamo soprattutto per i palati che numerosi giungono qui, attratti dalla prelibata gastronomia locale. Oltre alla produzione dei fagioli, tipica di Tiana è la produzione de “su pan ’e fresa”; raffinati sono, poi, i dolci che vengono preparati in occasione delle festività: per i fuochi di Sant’Antonio Abate si gusta “sa panemanna”, per Pasqua regnano “sas pardulas” e in occasione di Ognissanti si preparano “sos papassinos”. Da gustare assolutamente sono, poi, le “fruttine”, dei dolcetti a base di pasta di mandorla a forma di frutti colorati, ricoperti di zucchero. L’artigianato locale è focalizzato soprattutto sulla tessitura e sulla lavorazione della lana, attività tradizionale, attraverso cui questo prodotto viene lavato, cardato, pettinato, filato e ordito, per poi essere tinto con erbe e piante locali.

Tiana, prodotti locali – Fonte Comune di Tiana

Tiana, pane ‘e fresa – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Tiana, dolci tipici – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Anche a novembre si rinnovano le atmosfere incantate del suggestivo viaggio di Autunno in Barbagia. La mostra itinerante che svela le straordinarie ricchezze dell’entroterra barbaricino è pronta ad andare in scena ancora una volta, per il suo dodicesimo appuntamento. Prossime destinazioni saranno Desulo e Mamoiada. Fulcro indiscusso di ciascuna località saranno, come di consueto, le famose “cortes”, animate da folclore, tradizioni ed enogastronomia, ma in questo viaggio nella meravigliosa terra di Barbagia vogliamo recarci a pochi chilometri da Nuoro, guidati dal profumo inebriante di vini pregiati e dal suono dei ritmi più atavici della Sardegna: oggi, facciamo un salto a Mamoiada, a danzare con Mamuthones e Issohadores.

Mamoiada, veduta del paese – Fonte www.sardegnaturismo.it

Incastonato tra i maestosi rilievi del Gennargentu e gli aspri profili del Supramonte, Mamoiada è un piccolo paese dalla fiera tradizione agro-pastorale che si trova nella Barbagia di Ollolai. Questo borgo barbaricino si erge a circa 650 metri di altitudine, a nord delle propaggini del Gennargentu, e si adagia su un territorio circondato da valli e da dolci colline, che si vestono dei colori di viti e castagni: qui la natura è magnifica e si scopre allo sguardo di chi la contempla con paesaggi bucolici, incorniciati dall’intenso profumo dell’uva che, maestosa, prospera nei vigneti circostanti. Cannonau e Granazza, particolari uve autoctone, sono identità e ricchezza di questo paese, perché Mamoiada è da sempre terra di vini pregiati, rossi corposi e bianchi superbi D.O.C. che conquistano al primo sorso: basta un bicchiere e il sapore è quello della fertile terra granitica che nutre i vitigni, del clima così temperato che li accarezza, della fierezza del popolo mamoiadino che sapientemente li cura. Mamoiada, però, è anche il simbolo del carnevale isolano, quello più puro, lontano da carri allegorici e allegre sfilate, ma vicino, piuttosto, a una severa cerimonia rituale, legata ad un passaggio primordiale tra morte e rinascita, che si accompagna a un grave silenzio e a cui si assiste con un sacro e profondo rispetto. Mamoiada è il regno di Mamuthones e Issohadores che incedono per le vie del paese, grotteschi e sinistri i primi, con passi pesanti e cadenzati, leggiadri e pittoreschi i secondi, con movenze leggere e aggraziate: arrivano al calar della sera, quando il 17 gennaio si accendono i fuochi per Sant’Antonio Abate, preceduti dal fragore cupo e compatto di campanacci e sonagli. Mamuthones e Issohadores sono l’anima di Mamoiada, le maschere sarde più note al mondo, affascinante oggetto di studi sempre più numerosi. I primi sono esseri infernali, figure demoniache con una lignea maschera nera dai tratti di pena e dolore, che vestono pelli ovine e portano sulla schiena “sa carriga”, circa trenta chili di campanacci: il loro nome rimanda a “su Maimone”, il diavolo per la tradizione popolare. I secondi, invece, li scortano, indossando una maschera stilizzata dai colori chiari, e sono abbigliati elegantemente con capi maschili e femminili: il loro nome deriva da “sa soha”, un lazzo di giunco con cui catturano le persone. Il significato di questo cupo cerimoniale non è stato del tutto chiarito, avrebbe dei legami con la cultura nuragica ed elementi che si ritrovano nell’antichità mediterranea: assistervi suscita sensazioni difficili da descrivere. A quel suono forte e lento, a quella danza solenne e severa, lo spirito viaggia a ritroso nel tempo, il sangue ribolle, la pelle si ingrossa, un brivido avvolge la spina dorsale e le viscere si aggrovigliano, come se un legame primordiale premesse per riemergere: sono tracce di una memoria che si risveglia, stimoli di un arcaico passato che prepotente ritorna, residui di un sacro rituale dove il mondo di sopra e quello di sotto si invertono.

Mamoiada, maschera Mamuthone – Fonte www.sardegnaturismo.it

Mamoiada, la danza dei Mamuthones – Foto web

Mamoiada, maschera Issohadore – Fonte Pro Loco Mamoiada

Mamoiada, Issohadores – Fonte Pro Loco Mamoiada

Vini pregiati, affascinanti riti ancestrali, ma anche forte spiritualità, legata a culti di origine bizantina, siti archeologici e sapienti tradizioni artigiane. Sono tanti i motivi per fare un salto in questo paese, il cui nome – Mamujada, in sardo barbaricino – ha ispirato varie ipotesi: tra le più accreditate vi è quella che lega le sue origini alle sillabe protosarde “Ma-Muia-Da”, con il significato di “col servo di Dio”, e quella che, invece, le collega al verbo latino “manubiare” (sorvegliare) con il significato di “luogo di presidio e controllo militare”.

BREVI CENNI STORICI. Al di là delle opinioni discordanti sulle origini del toponimo, è comune certezza che il passato di questo paese sia antichissimo e che il territorio di Mamoiada sia stato frequentato sin dalla preistoria. Tanti sono i nuraghi, le domus de janas, le tombe dei giganti, i dolmen e i menhir che testimoniano la presenza passata degli antichi Sardi: tra i vari rinvenimenti, spicca il misterioso menhir “Sa Perda Pintà”, noto anche come “Stele di Boeli”, inciso in superficie con particolari decorazioni e risalente alla cosiddetta “cultura di Ozieri” (3200 – 1800 a. C.). Anche i Romani calpestarono queste terre, nei pressi delle quali passava la storica strada che dall’antica Caralis portava a Olbia; secondo alcuni, infatti, Mamoiada sarebbe stata in origine una stazione romana chiamata “Manubiata”, fondata con il compito di presidiare e controllare il territorio: all’epoca romana risale la fontana di “Su ‘Antaru Vetzu” e l’antico quartiere “Su Castru”, rimanda al termine latino “castrum”, ossia “recinto fortificato”. Infine, tracce del passaggio dei Bizantini si rilevano nel culto dei santi Cosma e Damiano e nel santuario loro dedicato a pochi passi dall’abitato. Al Medioevo, però, risalgono le prime notizie certe sul centro, quando il paese faceva parte della curatoria della Barbagia di Ollolai, nel Giudicato di Arborea, e il suo nome compariva nei primi documenti scritti, con le forme di “Marmorata”, “Marmoiada” e “Mamoyata”. Successivamente, con l’arrivo dei conquistatori spagnoli, la villa di Mamoyata conobbe secoli di sfruttamento da parte di varie signorie feudali: nel XVII secolo, quando il controllo signorile si fece più aspro, gli abitanti iniziarono un faticoso processo di liberazione con l’istituzione di un consiglio amministrativo e del Monte Granatico, che terminò nel 1838, con il riscatto del feudo. Nel Novecento, infine, Mamoiada conobbe la fama anche oltre i confini isolani grazie ai magici riti del carnevale e alle misteriose maschere locali.

Mamoiada, scultura nel paese – Foto web

Mamoiada, paese – Fonte www.sardegnadigitallibrary.it

Mamoiada, su Antaru Vetzu – Fonte Comune di Mamoiada

COSA VEDERE. Tra storia, tradizioni, cultura, natura e spiritualità le attrazioni mamoiadine sono numerose. Per avvicinarvi al remoto passato del paese, tra gli innumerevoli siti archeologici, tappa obbligata è il già citato menhir “Sa Perda Pintà”, una grossa statua-menhir granitica dalle misteriose incisioni che la rendono unica in Sardegna: i simboli rappresentati sono collegati ai culti della fertilità e del ciclo morte-rinascita, peculiarità delle comunità agricole nell’era neolitica. Meritano, inoltre, le domus de janas custodite nella piccola necropoli di “Sa Conchedda Istevene”: una delle tombe presenti conserva particolari elementi simbolici, tra cui una protome taurina, un fatto piuttosto raro nelle domus de janas rinvenute nel Nuorese. Per ulteriori approfondimenti potrete recarvi, inoltre, presso il museo dell’Archeologia e del Territorio che offre un percorso narrativo e multimediale sui trascorsi del territorio e della comunità. Nel vostro soggiorno mamoiadino non può mancare, poi, una visita al museo delle Maschere Mediterranee, in cui potrete ammirare le magnifiche maschere locali, ma anche altre rappresentazioni del carnevale barbaricino e le maschere di altri paesi europei e mediterranei. Un’altra interessante rassegna sulla storia, sulla cultura e sulle tradizioni locali vi attende, infine, nel museo della Cultura e del Lavoro che custodisce anche una meravigliosa collezione di abiti tradizionali. Mamoiada, però, è anche un luogo carico di spiritualità religiosa che traspira dai numerosi luoghi di culto racchiusi nel territorio: nel centro storico, tra strette e intricate viuzze e le tipiche case barbaricine in granito, spicca la graziosa chiesetta di Nostra Signora del Loreto, chiamata anche “Loreto de bidda”: probabilmente costruita in epoca medievale, la sua particolarità è nella forma circolare chiusa da una cupola a base esagonale. Altro interessante luogo di culto è il santuario dedicato ai santi bizantini Cosma e Damiano, uno dei più suggestivi dell’Isola: l’antica chiesa medievale è racchiusa da un piccolo villaggio di “cumbessias”, le case dei pellegrini, e sorge sull’altipiano di Lindana, a sud-ovest dell’abitato.

Mamoiada, Sa Perda Pintà – Fonte www.perdapinta.it

Mamoiada, domus de janas Istevene – Fonte www.sardegnadigitallibrary.it

Mamoiada, domus de janas di Orugù – Fonte wikimapia

Mamoida, museo delle Maschere Mediterranee – Fonte www.museodellemaschere.it

Mamoiada, chiesa Nostra Signora di Loreto – Fonte Pro Loco Mamoiada

NATURA. Fare un salto a Mamoiada significa anche godere della natura circostante. Alle colline ammantate dai profumati vigneti, si alternano abbondanti sorgenti e corsi d’acqua, e magnifiche distese di pascoli, attraversate da numerose greggi. La pastorizia, altra peculiare attività locale, ha plasmato il paesaggio, in cui si snodano i famosi “sentieri dei pastori”, le storiche strade della transumanza, da cui si possono intraprendere meravigliose escursioni in bici o a piedi. Le valli e le colline lasciano, poi, spazio ad un territorio che diviene via via più carsico, dove svettano luminosi e folti boschi di rovelle, dal prezioso sottobosco: nelle stagioni più calde potrete avventurarvi in questi luoghi e andare alla ricerca di prelibate specie di funghi, quali l’ovolo e il porcino.

Mamoiada, natura circostante – Fonte www.sardegnadigitallibrary.it

Mamoiada, i vigneti circostanti – Fonte Comune di Mamoiada

Mamoiada, domus de janas Ovuau – Fonte Comune di Mamoiada

Mamoiada, santuario Santi Cosma e Damiano -Fonte www.barbaricina.it

CUCINA E ARTIGIANATO. Mamoiada attrae anche per la sua tavola che abbonda di prodotti prelibati e di genuina bontà. Oltre ai vini, sopraffina è la produzione del pane, dei formaggi, tra cui spicca il famoso “casu marzu”, ma anche quella dei salumi, delle carni destinate agli arrosti e dei dolci. Simbolo del paese è il dolce protagonista del carnevale, le famose “orulettas”, le chiacchiere intrecciate e cosparse di zucchero a velo. Eccellente è altresì l’artigianato locale che si focalizza specialmente nella lavorazione delle “vistras”, le maschere indossate da Mamuthones e Issohadores. Pregiata è poi la lavorazione de “sas lesorjas”, i coltelli tipici, e anche quelle del ferro battuto, del ricamo e, ancora, la realizzazione di miniature e riproduzioni delle maschere locali.

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