Il viaggio di Autunno in Barbagia: avventuriamoci a Belvì, tra boschi secolari, preziose tradizioni e demoni burloni | Cagliari - Vistanet

2022-08-20 04:09:45 By : Mr. dongbiao ji

In questo periodo, il fine settimana isolano ha un unico, inconfondibile, significato: quello di Autunno in Barbagia. Il viaggio che procede al ritmo pulsante del cuore della Sardegna è arrivato al suo ottavo appuntamento e, questa volta, le ricchezze dell’entroterra barbaricino saranno celebrate nelle “cortes” di Sorgono e Belvì, pronte ad accogliere appassionati e curiosi per due giornate incantate, dal 20 al 21 di ottobre. Tra antiche tradizioni e sapori autentici, entrambi i paesi offriranno certamente un’esperienza unica, affascinante e indimenticabile, ma dove andare? Oggi, abbiamo deciso di avventurarci nei boschi secolari di Belvì, per scovare un demone burlone che – pare – dimori proprio qui.

Piccolo centro agro-pastorale del Nuorese, Belvì vanta un importante passato commerciale ed economico, tanto che l’area in cui sorge prende, appunto, la denominazione di Barbagia di Belvì. Arroccato sul monte “Genna de Crobu”, questo paesino si adagia su un particolarissimo territorio, caratterizzato da declivi montani, sempre diversi. Qui la natura è maestosa, e generosa si concede al viandante, mostrandogli paesaggi straordinari: tra scenografici tacchi calcarei e le pendici del Gennargentu, questa località è immersa nel verde dei boschi di secolari castagni, ciliegi e noccioli, ma anche di lecci e rovelle e, ancora, di ulivi e ginepri, che crescono nelle aree rocciose. Belvì è famoso proprio per l’immenso patrimonio naturalistico che conserva, per quelle foreste così fitte e misteriose, da sempre muse ispiratrici di racconti fantastici. Oltre alle janas, si narra che in questi boschi avrebbe trovato rifugio anche un’altra creatura leggendaria, il “Maschinganna”, un demone burlone e dispettoso, dalle sembianze a volte umane e a volte animali, che ama spaventare specialmente chi possiede un’indole cattiva, con voci, suoni, maledizioni, ma anche luci e fiammelle. Al di là dei racconti leggendari e della scenografica natura, vero e indiscusso simbolo di Belvì sono i delicatissimi dolci chiamati “Caschettes”, prodotto tipico ed esclusivo dell’antica tradizione dolciaria locale. Queste squisite creazioni hanno origini remote e risalgono al ’600, quando si preparavano solo per particolari occasioni, quali feste religiose e, specialmente, matrimoni. Realizzati con un sottilissimo e trasparente guscio di pasta “violada”, farcito con nocciole e miele e aromatizzato con scorza d’arancia, i “Caschettes” sono anche conosciuti come “dolci della sposa” e rappresentano una vera e propria ricchezza gastronomica, tesoro di un’arte secolare che si tramanda di generazione in generazione. Belvì, però, è anche un importante centro artigianale della Sardegna: mani preziose, quelle belviesi, capaci di intagliare il legno e tramutarlo in una vera e propria opera d’arte. Il castagno così trasformato è una trama ricorrente del centro abitato e del piccolo museo all’aperto di Arte Contemporanea, allestito nel parco comunale, dove si trovano numerose sculture lignee. In questo centro della Barbagia è presente, inoltre, il museo di Scienze Naturali: un’interessante e ricca esposizione di minerali fossili e della fauna isolana, che nacque negli anni ’80 del secolo scorso, su iniziativa di un gruppo di appassionati, guidati dal noto studioso Friedrich Reichsgraf von Hartig.

Belvì, i caschettes – Fonte www.sardegnaturismo.it

Maestosa natura, creature fantastiche, peculiare arte dolciaria e artigianale: ecco perché avventurarsi in questo paesino, il cui nome è come le sue foreste, affascinate e misterioso. Secondo alcuni studiosi, Belvì – in sardo Brevì – potrebbe derivare dall’appellativo latino “Belui” o “Belue” con il significato di “belve”, per indicare l’indole dei popoli barbaricini che, spesso, cedevano a scorrerie, rifiutando la “Civitas” imposta dai conquistatori Romani. Per altri, invece, potrebbe derivare dalla parola fenicia “Bela”, ossia “terrore”, oppure dal termine sardo “Brevèi” che significa “pecora”.

Belvì, fontanella nel paese – Fonte www.trippando.it

BREVI CENNI STORICI. Sebbene il toponimo del paese presenti ancora origini oscure, è certo che il passato di Belvì sia molto antico e affondi le sue radici nella preistoria: le prime orme dell’uomo nel territorio belviese risalgono, infatti, al Neolitico medio (4000 – 3400 a. C.) e si rilevano in una grotta posta sul tacco calcareo di “Pitzu de Pranu”, nota come “Perda Dudda”, dove sono stati rinvenuti vari reperti, tra cui pezzi di bronzo e un forno, probabilmente usato per forgiare le armi. Al Neolitico recente, invece, risalgono le domus de janas sparse nell’area circostante l’abitato, tra cui quelle di “Nadalia” e di “Lagosu”. Le prime notizie certe sull’esistenza del paese ci giungono, però, dall’epoca medievale, quando Belvì apparteneva al Giudicato di Arborea ed era inserito nell’omonima curatoria. Questo centro è stato uno dei paesi barbaricini che meno hanno subito l’egemonia feudale. Perfino durante il dominio catalano – aragonese, i feudatari rinunciarono ad un controllo diretto sul centro e, a causa dei numerosi scontri, Belvì fu inserito nel patrimonio regio e fu amministrato da un ufficiale locale, scelto tra i rappresentanti del popolo. L’esperienza feudale di Belvì si concluse definitivamente nel 1838, con il riscatto del feudo da parte degli abitanti. Il XIX secolo regalò al centro un notevole benessere, in virtù della costruzione della rete ferroviaria isolana: tra il 1888 e il 1890, nei pressi dell’abitato, fu edificata “S’Arcu”, la più lunga galleria ferroviaria della Sardegna, e ciò portò ad una crescita esponenziale del commercio locale. Oltre alla vendita di castagne, nocciole e noci, Belvì era noto anche per la produzione di laterizi: ancora oggi, questa attività è testimoniata dalla presenza di antichi forni, impiegati per la produzione di mattoni e tegole, poi commercializzati in diversi paesi dell’Isola.

Belvì, particolare del centro storico – Fonte www.trippando.it

Belvì, abito tradizionale – Fonte www.folksardiniancostumes.blogspot.it

COSA VEDERE. In virtù delle sue peculiarità, tra siti archeologici e naturalistici, le attrazioni di Belvì sono variegate. Per un viaggio nella storia più remota del paese, non può mancare una visita alla già citata grotta “Perda Dudda”, inserita nel suggestivo scenario di “Pitzu de Pranu”, dove, se sarete fortunati, potrete anche scorgere una bella fanciulla, intenta a creare tessuti d’oro, che proprio qui dimora, o almeno così narra la leggenda. Meritano certamente di essere ammirate le numerose domus de janas presenti nel territorio, tra cui quella di “Antonitzò”, posizionata su un’aspra collina, e quella di “Nadalia”, tra le più spettacolari. Interessante è anche il centro storico del paese che, nelle sue abitazioni, esprime la tipica architettura barbaricina: costruite in conci di pietra a più piani e caratterizzate da balconi in legno, le piccole dimore si affacciano su un intricato percorso di ripide stradine. Rimanendo nell’abitato è possibile, inoltre, visitare differenti luoghi di culto, tra cui spicca la parrocchiale dedicata a Sant’Agostino, patrono del paese: eretta nel Cinquecento, la chiesa presenta un campanile sormontato da una graziosa cupoletta maiolicata e custodisce, al suo interno, due altari lignei del XIX secolo. Tra gli altri edifici sacri sparsi nel territorio, degne di nota sono, poi, la chiesetta campestre di San Sebastiano e quella di Santa Margherita, ricostruita al principio del ’900 sulle rovine della prima parrocchiale che, secondo la tradizione popolare, faceva parte del nucleo originario del paese, un tempo collocato nella vallata di “S’Iscara”. Tappa obbligata è, infine, il già citato museo di Scienze Naturali: articolato in diverse sezioni, tra cui quelle mineralogica, paleontologica ed entomologica, pezzo forte del museo sono la collezione di rapaci diurni e notturni, con specie rarissime e, oltre agli splendidi esemplari di farfalle esotiche, i resti del “Prolagus Sardus”.

Belvì, domus de janas di Nadalia – Fonte Comune di Belvì

Belvì, antico forno – Fonte www.ateliersardegna.it

Belvì, chiesa di Santa Margherita – Fonte Comune di Belvì

Belvì, parrocchiale di Sant’Agostino – Fonte www.lamiasardegna.it

Belvì, scultura Museo all’aperto dell’Arte Contemporanea – Fonte www.trippando.it

NATURA. Ricchezza di Belvì è, come detto, il suo straordinario patrimonio naturalistico. Famoso per i suoi boschi di castagno, di nocciolo e di noce, quale l’esemplare ultrasecolare “Sa nuje de tziu Pili”, ma anche di ciliegio e corbezzolo, custoditi in località “Sa Tanca”, qui, oltre al leggendario “Maschinganna”, trovano rifugio anche il picchio, il verdone, il colombaccio e l’astore. A Belvì, oltre allo scenografico tacco calcareo di “Pitzu de Pranu”, pregiate sono, poi, le valli circostanti, ammantate da una florida vegetazione e dalle colture di alberi da frutto: incantevole è la valle di “S’iscara”, dove scorreva l’omonimo fiume, così come il pianoro attraversato dal fiume Occile, al confine con Desulo. Belvì, infine, condivide con Sorgono e Tonara, la straordinaria foresta di Uatzo, tra le maggiori attrazioni naturalistiche dell’area, un’ideale località per indimenticabili escursioni, tra boschi, torrenti e i magnifici voli dell’aquila e del falco. Questi affascinanti paesaggi possono essere ammirati anche attraverso il viaggio del Trenino verde, che fa tappa proprio nella stazione del paese.

Belvì, la natura cicorstante – Foto di Nicola Paba

Belvì, natura circostante – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Belvì, foresta di Uatzo – fonte www.sardegnaturismo.it

Belvì, noce ultrasecolare – Fonte www.sardiniabiking.it

Belvì, sculture lignee nel centro storico – Fonte www.trippando.it

TRADIZIONI. Avventurarsi a Belvì significa anche gustare i sapori locali della tradizione barbaricina. Oltre ai raffinati “caschettes”, potrete assaporare le deliziose castagne arrosto e “Is brentigheddas”, un piatto tipico preparato con lo stomaco di agnello. In relazione all’artigianato, insieme all’intaglio del legno, fiore all’occhiello del paese è anche la lavorazione del ferro battuto, ma non mancano altre attività artigianali, quali la tessitura, il ricamo e la lavorazione della ceramica. La comunità belviese, inoltre, è scrigno di tradizioni antiche, legate soprattutto all’infanzia di un tempo: giochi del passato che dilettavano i bambini di una volta, come “Su giogu de su cignedhu” (il gioco del cinto) e “Sa Bardùfula”, animeranno il paese proprio in occasione di Autunno in Barbagia. 

Belvì, tradizioni – Fonte www.cuoredellasardegna.it

Segnatevi queste date: 20 e 21 ottobre. Sono quelle dell’appuntamento di Autunno in Barbagia. Il viaggio tra le “cortes” della Sardegna più selvaggia non si arresta e, dopo aver contemplato il silenzio di Lollove e i magnifici murales di Orgosolo, si accinge a raggiungere le sue prossime destinazioni. Per questo fine settimana, protagonisti della mostra itinerante che anima l’autunno isolano sono Sorgono e Belvì. I sapori, i profumi e i colori di questi luoghi hanno, come sempre, il marchio della Barbagia, ma oggi vogliamo scoprire Sorgono, quella terra dal volto preistorico che stregò il famoso scrittore David Herbert Lawrence.

Incastonato nel cuore geografico della Sardegna, Sorgono è un importante centro agricolo che si incontra nell’antica regione del Mandrolisai, di cui è stato anche storico capoluogo di mandamento. Questo borgo di granito si erge a 700 metri d’altitudine e si adagia su una verde conca, sul versante occidentale del Gennargentu, in un’area ricca di sorgenti dalle proprietà diuretiche, tra rilievi montuosi e colline ricoperte da pregiati vigneti. Qui il territorio è uno spettacolo: profili granitici scolpiti dal vento si immergono in fitti boschi incontaminati, regalando paesaggi mozzafiato che anche la poesia più profonda farebbe fatica a descrivere. Oltre alla natura, pregiata è anche l’architettura del centro storico, dove, tra graziose dimore in pietra a più piani, svettano antichi palazzi nobiliari in stile gotico aragonese e liberty, tracce dell’antico ruolo rivestito dal paese. Sorgono, infatti, fu un importante centro nodale del Mandrolisai, luogo di radicate tradizioni e incroci linguistici: qui si parla “sa limba de mesania” (lingua di mezzo), una commistione tra la parlata nuorese e il lessico campidanese. Questo centro barbaricino è noto, soprattutto, per il suggestivo patrimonio archeologico che conserva. Circa duecento menhir – dei veri e propri giganti di pietra che, come sentinelle, sono a guardia del paese – si raggruppano nel parco archeologico di “Biru ’e Concas” (sentiero delle teste), una delle più spettacolari concentrazioni di sculture preistoriche del Mediterraneo. Sorgono, però, è anche terra di vini pregiati: i vigneti di uva Cannonau, Muristeddu (Bovale sardo) e Monica si trasformano nel famoso vino rosso Mandrolisai D. O. C. che, proprio alla fine di ottobre, è protagonista della festa locale de “Sa Innenna” (la vendemmia), parte integrante del circuito di Autunno in Barbagia. Questo paese, inoltre, conserva arcaiche tradizioni popolari che, intatte da secoli, si coniugano ai riti ancestrali del carnevale con le caratteristiche maschere, “Is Arestes” e “S’Urtzu Pretistu”. Sorgono, però, è anche culla di una straordinaria spiritualità: lo testimoniano i numerosi luoghi di culto, divisi tra abitato e campagna, tra cui spicca l’importante santuario campestre di San Mauro Abate, uno dei luoghi di culto simbolo della Sardegna: i festeggiamenti in onore del Santo, cui i sorgonesi sono estremamente devoti, si accendono ogni anno, a maggio.

Sorgono, veduta del paese dal Trenino Verde – Foto di Enrico Marras, Fonte Pro Loco Sorgono

Scenari naturalistici, straordinari profili preistorici, rinomata produzione enologica, tradizioni e spiritualità: ecco perché scoprire questa terra di giganti di pietra, un luogo magico che, al principio del ’900, colpì anche David Herbert Lawrence, tanto da dedicargli un intero capitolo del suo libro “Mare e Sardegna”: lo scrittore vi giunse nel gennaio del 1921, con il Trenino verde, che ha la sua stazione di capolinea nel paese.

Sorgono, scorcio del centro storico – Fonte Pro Loco Sorgono

BREVI CENNI STORICI. Interessante è anche la storia di questo paese, il cui nome – attestato nel 1357 con la forma “Sorgano” – è ancora di origine oscura, presumibilmente preromana, e potrebbe derivare da “sorgonu” che significa abbeveratoio. Tutto il territorio sorgonese fu frequentato sin dall’antichità prenuragica. Oltre ai menhir di “Biru’e Concas”, datati tra il Neolitico finale e l’Eneolitico, domus de janas, tombe dei giganti, nuraghi e insediamenti sono le impronte lasciate dagli antichi Sardi. Anche i Romani camminarono su questa terra: lo testimoniano diversi siti, tra cui quello di Donnigaggia, che ha restituito un diploma di congedo (honesta missio), rilasciato a un soldato romano e risalente all’88 d. C. . Le prime notizie certe sull’abitato risalgono, però, al 1180, quando Sorgono era capoluogo della curatoria del Mandrolisai, nel Giudicato di Arborea. Dopo il conflitto con la Corona d’Aragona, il villaggio di Sorgono fu inserito tra i territori amministrati dai conquistatori e fu riconosciuto come “signoria utile”, ottenendo il privilegio di essere amministrato da un’autorità locale, e non da un feudatario imposto dalla Spagna. Successivamente, però, anche Sorgono conobbe il giogo feudale e, dopo gli Asburgo e i Savoia, la comunità locale si liberò definitivamente con il riscatto del feudo, nel 1838.

Sorgono, antica casa nel centro abitato – Fonte www.49northeast.com

COSA VEDERE. Storia, natura, tradizioni, architettura, spiritualità ed enogastronomia: l’offerta di Sorgono è variegata. Cominciando dal passato più antico, tappa obbligata è il già citato sito di “Biru ’e Concas”, dove si può passeggiare tra sculture preistoriche, solitarie o disposte in coppia, triadi, circoli e allineamenti. Oltre ai fantastici menhir, il patrimonio archeologico sorgonese è davvero ricco: meritano una visita le domus de janas di “Perdongheddu” e “Santu Loisu” (età del Bronzo), e, tra una ventina di nuraghi e insediamenti nuragici, vi segnaliamo il protonuraghe “Talei”, così chiamato per la sua forma a corridoio, il villaggio di “Ruinacchesos” e le tombe dei giganti di “Funtana Morta”. Passando, poi, ai luoghi di culto, oltre alla parrocchiale in stile tardogotico di Santa Maria Assunta (XVI secolo) e alla graziosa chiesetta dedicata alla Madonna d’Itria, eretta sulla sommità della collina chiamata “Sa pala ’e sa Cresia”(la spalla della chiesa), non si può perdere il già menzionato santuario di San Mauro Abate, la chiesa campestre più grande della Sardegna (lunga 30 metri e larga 9). Circondato da alberi secolari sulle pendici del monte Lisai, l’edificio, in stile tardogotico, è stato costruito nel 1574 e comprende anche i “muristenes”, i classici alloggi per i pellegrini: la facciata in trachite grigia è arricchita da un rosone gotico di 4, 5 metri di diametro, il più grande dell’Isola. Emblema, invece, della storica architettura aragonese del centro abitato sono i palazzi signorili e nobiliari, tra i quali risaltano la seicentesca casa “Carta” e la casa-museo “Luigi Serra”, al cui interno si conservano antichissimi e magnifici arredi dell’epoca. Infine, per una maggiore conoscenza delle tradizioni artigianali locali, da non perdere è il Museo dei segni sul legno – unico in tutta la Sardegna – che celebra l’arte dell’intaglio e dell’incisione: l’esposizione è allestita in un edificio con giardino che ospita una fonte pisana del ’600, “Funtana Lei”.

Sorgono, menhir Biru ‘e Concas – Fonte www.sardegnaturismo.it

Sorgono, protonuraghe Talei – Fonte www.sardegnaturismo.it

Sorgono, domus de janas di Perdonigheddu – Foto di Carlo Marras, Fonte www.flickr.com

Sorgono, santuario campestre di San Mauro Abate – Fonte www.sardegnaturismo.it

Sorgono, arredi casa museo Luigi Serra – Fonte www.casaluigiserra.it

NATURA. Altra scoperta di questo centro barbaricino è la natura che si mostra grandiosa sull’altopiano “Isacalas”, dove il paesaggio è modellato da suggestivi complessi granitici. Oltre ai colorati vigneti, sugherete, rovelle, noccioli, castagni e l’essenze tipiche della macchia mediterranea sovrastano il territorio, casa naturale di mufloni, cervi e daini – presenti nella riserva di “Santu Loisu” – ma anche dell’aquila reale e del falco pellegrino. Tesoro naturalistico di Sorgono sono, poi, le numerose sorgenti dalle benefiche proprietà, che sgorgano con tutta la loro freschezza dalle pareti rocciose del territorio: dei veri e propri gioielli sono la fonte di “Perda ’e Mantza” e di “Erriu de Saccu”. Da non perdere, infine, sono i sentieri di trekking che si snodano tra le fitte foreste di monte Littu e di Uatzo, quest’ultima ricompresa tra Sorgono, Belvì e Tonara e attraversata dalla ferrovia del Trenino verde.

Sorgono, vigneti del Mandrolisai – Fonte Pro Loco Sorgono

Sorgono, natura circostante – Foto di Carlo Serra, Fonte Pro Loco Sorgono

CUCINA E ARIGIANATO. Oltre alla pregiata produzione enologica, sono numerosi i prodotti dell’enogastronomia locale. Nel pieno rispetto della tradizione, qui si preparano il pane artigianale e gustosi dolci, quali “seadas” e “su pani ’e saba”, ma l’emblema della cucina sorgonese è senza dubbio “Sa minestra ’e lampanazzu”: una gustosa zuppa di fregola con bietola selvatica, condita con del formaggio fresco, che viene preparata specialmente in occasione della già citata festa de “Sa Innenna”. In relazione, invece, all’artigianato locale, oltre all’intarsio e all’incisione sul legno, le attività spaziano dalla produzione di pipe, a quella delle maschere del carnevale, e, ancora, dalla lavorazione della pelle a quella del ferro battuto.

Sorgono, costume tradizionale – Fonte www.folksardiniancostumes.blogspot.it

Sorgono, tradizioni – Foto di Carlo Marras – Fonte Pro Loco Sorgono

Sorgono, Sa Innenna – Fonte www.sardegnaturismo.it

Se per l’ottavo appuntamento di Autunno in Barbagia, avete deciso di scoprire Sorgono, la terra dei giganti di pietra, qui trovate il programma completo.

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