Il pesce che milioni di anni fa rinunciò a camminare - Focus.it

2022-08-13 06:59:16 By : Ms. Elsa Lee

Uno degli errori più diffusi sull'evoluzione è il ritenere che si tratti di una marcia in progressione, una scala solamente in salita che porta, guarda caso nel suo gradino più alto, proprio all'uomo. Essa è invece tutt'altro che un processo lineare e non risponde in alcun modo a un progetto a lungo termine. Faremmo meglio a raffigurarcela piuttosto come un albero molto ramificato con alcune fronde morte, tentativi più o meno riusciti di adattarsi a nuove opportunità e condizioni.

La storia del pesce "bastian contrario" Qikiqtania wakei, raccontata in un articolo su Nature, è un perfetto antidoto a questa idea diffusa, e sbagliata, sulla storia dei viventi.

Il gran rifiuto. All'incirca 375 milioni di anni fa, un gruppo di pesci vagamente simili ad anguille giganti abbandonò le pozze d'acqua bassa lasciate dalle maree appoggiandosi su pinne modificate e colonizzò con i primi incerti passi la terraferma. Questi animali di transizione rappresentano i precursori dei tetrapodi, un gruppo di vertebrati con quattro zampe complete di spalle, gomiti e polsi da cui discendono anfibi, uccelli, rettili e mammiferi (uomo incluso).

E se qualcuna di queste specie avesse a un certo punto... cambiato idea, ripiegando di nuovo verso il mare aperto? Il fossile di un pesce scoperto nel 2004 ma analizzato da poco, il Qikiqtania wakei, fece proprio questo cammino opposto.

Meglio nuotare. L'anatomia dell'animale suggerisce che appartenesse proprio a questo lignaggio "ponte" tra pesci e tetrapodi ma che, diversamente da quello che sarebbe poi diventato l'antenato dell'uomo, i suoi avi decisero di rinunciare da subito a camminare per fare ritorno in acqua. La ricerca è stata portata avanti dal laboratorio dell'Università di Chicago di Neil Shubin, lo stesso che nel 2004 aveva contribuito alla scoperta del Tiktaalik, il più noto di questi animali di transizione tra pesci e tetrapodi. Il Qikiqtania wakei gli somiglia, ma ha caratteristiche che lo rendono più portato per la vita acquatica.

Pinne per remare. Il Qikiqtania era molto più piccolo: una settantina di centimetri contro i 2,7 metri di lunghezza del "cugino". Ma soprattutto, era provvisto di una pinna pettorale con un osso dell'omero privo dei rilievi che di solito indicano i punti di inserzione dei muscoli nei tetrapodi, dotati di arti che possono funzionare sulla terraferma.

Le pinne superiori del Qikiqtania appaiono lisce e ricurve, più adatte a remare sott'acqua, e sono comunque diverse da quelle dei pesci che non tentarono mai di passare all'asciutto. Le ossa degli arti suggeriscono in modo chiaro un ritorno alla vita acquatica dopo un tentativo di camminata sulla terra tentato dai suoi antenati.

Finito in secondo piano. Il fossile del Qikiqtania fu scoperto nel 2004 sull'isola di Ellesmere, la più settentrionale delle isole artiche canadesi nel territorio del Canada di Nunavut. La roccia in cui si era conservato, saltata all'occhio grazie ad alcune scaglie bianche sulla superficie, fu messa da parte e per un po' dimenticata, perché negli stessi giorni fu scoperto il Tiktaalik, un pesce con le pinne lobate ma allo stesso tempo con le strutture ossee tipiche delle braccia, capace di camminare nelle pianure fangose e sul fondo delle paludi, in grado di sorreggere il proprio corpo sulla terraferma e di respirare all'aria.

Negli ultimi tre anni lo stesso gruppo, interrotto dai lockdown dovuti alla pandemia, ha analizzato quei campioni di roccia con Tac ad alta risoluzione, mettendo a fuoco la struttura delle mascelle, del collo e della pinna pettorale del fossile e concludendo che il Qikiqtania era senza dubbio un animale acquatico, un predatore che viveva sott'acqua e prediligeva i fondali profondi.

A VOLTE RITORNANO. Per capire il suo ritorno alla vita acquatica, Shubin paragona il suo percorso a quello, compiuto 50 milioni di anni più tardi, da alcuni mammiferi terrestri che si riadattarono all'acqua - gli antenati di balene e delfini. Ecco, la scoperta del Qikiqtania suggerisce che alcuni dei nostri più remoti avi rinunciarono a camminare subito dopo averci provato.

Nel suo rientro in acqua, il Qikiqtania portò però con sé un'utile strategia di caccia imparata dai tetrapodi sulla terraferma: un modo di attaccare le prede prima mordendole e poi risucchiandole tra le fauci.

I principi della teoria dell’evoluzione scoperti da Charles Darwin sono chiari. Le specie viventi si modificano nel tempo, quando la selezione naturale agisce sulle popolazioni, costituite da individui tutti diversi. Le conseguenze di questa e altre teorie devono essere ancora comprese dalla società. Ecco perché abbiamo affrontato l'evoluzione al contrario, partendo da quello che non è (ma che tutti pensano che sia).

È un processo con un fine? NO. Molti vedono l’evoluzione come una lunga strada che comincia nel lontano passato e ha un obiettivo preciso, cioè la nascita della nostra specie, o di altre specie più evolute. Ma il processo stesso, per come l’ha spiegato Charles Darwin (vedi Focus Storia n.181) e l’hanno approfondito gli evoluzionisti, si basa solo sul successo di comportamenti o altri adattamenti che permettono la sopravvivenza in un particolare ambiente, e solo in particolari momenti storici. Non ci sono quindi specie più evolute di altre o particolarmente “preferite” dalla selezione naturale. Che non può neppure funzionare prevedendo quello che potrebbe accadere nel futuro.

L’evoluzione è solo una teoria? SI e NO. L’evoluzione è un fatto, ma è anche una teoria scientifica: il significato del termine è però diverso da quello che in genere si intende. Una teoria, nel senso comune, è una speculazione senza troppo fondamento, spesso basata su prove campate per aria. Dal punto di vista della scienza, una teoria è invece una spiegazione completa e confermata di alcuni aspetti del mondo naturale, raggiunta con l’applicazione del metodo scientifico. Una teoria consente anche di spiegare aspetti sconosciuti della natura e nei limiti anche di predire il futuro. La teoria dell'evoluzione, oltre alla selezione naturale, comprende anche altri aspetti, come la selezione sessuale e la deriva genetica, che la completano.

È la legge del più forte? NO. Si sente spesso dire che l’evoluzione giustifica l’aggressione e la sopraffazione perché è “la legge del più forte”. Il concetto è assolutamente estraneo alla scienza: i più “adatti” in una popolazione non sono i più forti fisicamente, o i più aggressivi, ma gli individui che si riproducono più e meglio. Per esempio i roditori o i lagomorfi, come lepri e conigli (nella foto), non si può dire che siano aggressivi, né più forti di un predatore. Eppure sono tra le specie di mammiferi più diffuse sulla Terra.

Foto: © Natura Photo Library/Contrasto

È un fenomeno del passato? NO. I biologi sono riusciti a studiare e descrivere molti esempi di cambiamento evolutivo nel momento in cui avviene. Per esempio i coniugi Grant, biologi evolutivi inglesi, hanno studiato una piccola popolazione di un uccellino che risiede su un’isola delle Galàpagos, e si sono accorti che, nei decenni, questa popolazione è mutata; un altro esempio molto noto è lo sviluppo della resistenza agli antibiotici nei batteri, che avviene costantemente e in tutto il mondo. Anche l’uomo, nonostante le affermazioni di alcuni biologi, non ha mai smesso di evolvere. L'evoluzione non è quindi limitata a esseri del passato come i dinosauri (nella foto).

Esistono specie intermedie? NO. Il concetto di specie intermedia, o anello di congiunzione, è scorretto, perché queste specie sarebbero a metà strada tra un passato imperfetto e un presente in cui l’evoluzione ha raggiunto la perfezione. Inoltre, l'idea degli anelli di congiunzione, come l'Homo naledi (nella foto), farebbe supporre la presenza di una lunga catena o una scala di forme viventi che vanno dai meno perfetti ai più perfetti; ora sappiamo che le specie formano un complesso e intricato cespuglio, senza una linea precisa che va dal passato al presente. Vedi anche: L'evoluzione dell'uomo in 90 secondi

Ci sono "fossili viventi"? NO. È solamente un "modo di dire": anche se molte forme di vita, sia animali sia vegetali, sono simili a quelle del passato, ciò non significa che siano rimaste immutate per milioni di anni, come se per loro l'evoluzione non fosse mai neppure iniziata. Un esempio noto è quello del celacanto (nella foto), un pesce le cui forme più simili risalgono a circa 400 milioni di anni fa: ma la somiglianza con il passato è solo superficiale, e queste specie erano molto diverse da quelle di oggi.

Foto: © Science photo library

Si affida solo al caso? NO. L'intero processo dell'evoluzione per selezione naturale comprende almeno due passaggi fondamentali: il primo è la generazione di variabilità attraverso le mutazioni o altre modifiche del genoma (il DNA di un individuo). Il secondo è la selezione naturale vera e propria, che elimina gli individui che non riescono a riprodursi in quel determinato ambiente. Le mutazioni, insieme a ricombinazione e immigrazioni da altri luoghi, possono essere considerate generate a caso. Ma la selezione naturale è un processo perfettamente deterministico, molto lontano dalla scelta casuale.

È sempre progresso? NO. Si pensa che le specie del passato fossero meno evolute di quelle odierne, meno perfette e adattate all'ambiente. Invece, poiché l'evoluzione seleziona solo gli individui che riescono a sopravvivere in un momento e un luogo preciso, nel passato vivevano specie che non erano né migliori né peggiori di quelle di oggi, ma solo diverse. Insieme all'aumento di complessità ci sono molti esempi di diminuzione della complessità stessa, come quelli che coinvolgono per esempio i parassiti (nella foto, un nematode parassita), che hanno struttura e metabolismo molto semplificati.

Foto: © National photo library/Contrasto

È una teoria sull'origine dell'universo e della vita? NO. L'evoluzione descrive e spiega solo quello che è accaduto, accade e accadrà alle specie viventi. I processi chimici e fisici che hanno portato alle prime forme di vita, così come il Big Bang e molti altri fenomeni fisici non hanno niente a che fare con l'evoluzione per selezione naturale. L'evoluzione è "entrata in azione" solo nel momento in cui sono esistite cellule, anche molto semplici, che si sono riprodotte.

È un guida per il comportamento? NO. L'evoluzione non detta le linee guida per i comportamenti umani. Questi ultimi, a nostro parere, si fondano su altre basi: la socialità, le convenzioni, la morale, la cultura che cambiano nel tempo e da popolo a popolo. Non ha nulla a che fare con lo schiavismo o il razzismo, che sono comportamenti umani, né con pseudoscienze come la fisiognomica, che a fine '800 pretendeva di associare i caratteri fisici ai comportamenti. Nella foto, il dittatore Franco parla con Hitler (di spalle).

Cent'anni fa, la scoperta del secolo: la tomba di Tutankhamon – l'unica ritrovata intatta nella Valle dei Re - svelò i suoi tesori riempendo di meraviglia gli occhi di Howard Carter prima, del mondo intero poi. Alle sepolture più spettacolari di ogni epoca è dedicato il primo piano di Focus Storia. E ancora: la guerra di Rachel Carson, la scienziata-scrittrice pioniera dell'ambientalismo; i ragazzi italiani assoldati nella Legione Straniera e mandati a morire in Indocina; Luigi Ferri, uno dei pochi bambini sopravvissuti ad Auschwitz, dopo lunghi anni di silenzio, si racconta.

L'amore ha una scadenza? La scienza indaga: l’innamoramento può proseguire per tre anni. Ma la fase successiva (se ci si arriva) può continuare anche tutta la vita. E l'AI può dirci quanto. E ancora, Covid: siamo nel passaggio dalla fase di pandemia a quella endemica; le storie geologiche delle nostre spiagge; i nuovi progetti per proteggere le aree marine; tutti i numeri dei ghiacciai del mondo che stanno fondendo.

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